L'altra sera un'arcigna collega di Londra, pardon, Oxford, ha buttato li' una frase a bruciapelo che ancora mi fa riflettere.
'I heard childcare is really boring', ha detto.
Ho avuto un sussulto. Nella fatica militaresca degli ultimi intensi mesi, tutto ho pensato fuorche' alla noia.
Boring, come fare la cassiera all'Esselunga. Come il re Lear di Ronconi a quindici anni. Come una partita di calcio per chi non ama il calcio.
D'istinto ho risposto beh, non direi boring. Magari tough.
Pero' ho provato un sottile senso di colpa. Non e' che anch'io l'ho pensato, a volte? Tipo alle cinque del pomeriggio seduta sul tappetone colorato, quando esaurita ogni vena creativa propongo il gioco dei piedi nudi e mi metto a contare i minuti che mancano all'arrivo di papa'?
Ok si forse l'ho pensato. Ma nel magma di emozioni e sensazioni di questo new job totalizzante, la noia non e' certo ai primi posti.
Sara' stato il tono supponente della commentatrice, che non ha esperienze di prima mano a sostegno del suo commento.
Oppure sara' stata la frustrante sensazione, ormai ricorrente, che per descrivere l'essere genitore a chi non lo e' mi mancano le parole. Mancano i parametri per spiegare, per abbozzare similitudini. E' tutto riduttivo e incompleto.
E allora taccio, faccio un sorriso e cambio argomento, che quando esco per una birra ne ho proprio bisogno.
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