domenica 20 febbraio 2011

Classi di sofferenza

P. è la nostra donna delle pulizie. In sei mesi, non l'avevo mai vista, perché viene il lunedì mattina alle nove, e io a quell'ora sono già in ufficio a réchauffer la sedia per benino. Settimana scorsa ho osato: mi sono presa un giorno di ferie. E l'ho vista.

E' una ragazza graziosa e slanciata come lo sono le ragazze dell'Est, viene dalla Moldavia e parla benissimo francese, inglese, moldavo e russo. Mi ha raccontato che aveva studiato per diventare professoressa di francese, ma poi.

Era preoccupata perché a casa le hanno tagliato l'elettricità, e ha una bambina piccola. Da dieci giorni non possono scaldarsi, cucinare, lavarsi, perché non ha pagato il salato conguaglio di fine anno sulle bollette.

Rabbrividisco. Avrà la mia età. Mi chiede cosa faccio, cos'ho studiato, se sono contenta. Sempre sorridendo. E io mi vergogno a rispondere con la rassegna delle mie insoddisfazioni. Mi vergogno a dire che ho fatto università, master, stage e stage, viaggiato in lungo in largo, e ancora non sono contenta.

Poi, a un certo punto, mi dice che sta studiando turismo per corrispondenza, che ha un obiettivo. E allora mi sento improvvismente sulla stessa identica barcarola su cui sta remando lei. Anche io ho i miei obiettivi. Ognuno fa le sue battaglie, della sua misura. E finché ci si può permettere di essere insoddisfatti, vuol dire che si naviga ancora nel lusso.

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